
Come è noto, il delitto di calunnia può ricorrere anche laddove l’incolpato non sia stato menzionato dall’accusatore in maniera diretta e immediata.
Infatti, il codice penale, prevede (anche se non menzionata direttamente) la figura della calunnia implicita la quale sussiste qualora il soggetto passivo del reato, pur non essendo stato accusato esplicitamente, possa essere successivamente identificato.
Secondo insigne dottrina, difatti, ai fini della sussistenza dell’illecito penale de quo, l’ attribuzione calunniosa del reato, sebbene possa avvenire in forma implicita, tuttavia, deve essere “effettuata in modo da permettere di identificare senza equivoci il soggetto falsamente incolpato”[1].
Sulla stessa linea interpretativa, peraltro, si colloca autorevole letteratura scientifica la quale ha rilevato che, per la configurabilità di questo modello delittuoso, il reato deve essere attribuito a taluno nel senso di “individuo vivente (…) designato col suo nome e cognome, ovvero con altri elementi di identificazione personale”[2].
Inoltre, per quanto concerne il versante nomofilattico, a “partire dagli anni '70 viene ammessa la possibilità che il reato possa essere integrato non solo con incolpazione esplicita di taluno che si sappia innocente ma anche mediante incolpazione implicita, purché inequivoca e idonea a determinare l'instaurazione di un procedimento penale”[3].
A conferma di tale assunto, è all’uopo sufficiente richiamare:
Tale orientamento ermeneutico, inoltre, è rimasto inalterato negli anni successivi.
Difatti, in pronunce susseguenti, i Giudici di “Piazza Cavour” hanno parimenti dichiarato che la falsa incolpazione è qualificabile come condotta calunniosa nella misura in cui essa “contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti all'inizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto univocamente e agevolmente identificabile”[6] sempreché tale identificazione “sia determinabile sulla base degli elementi contenuti nella dichiarazione accusatoria”[7].
Quindi, in sostanza, la Cassazione ha stimato sussistente la calunnia implicita nella misura in cui “dal tenore della denuncia e dal contesto delle circostanze emerga la volontaria attribuzione di un fatto costituente reato a una persona che si sa innocente anche se non sia individuata ma la cui identificazione sia determinabile sulla base degli elementi contenuti nella dichiarazione accusatoria”[8].
E’ evidente che, alla luce di tale approdo ermeneutico, deve esserci uno stretto legame funzionale tra la condotta calunniosa e il soggetto calunniato (seppur in modo non esplicito).
In altri termini, perché rilevi tale modello delittuoso, è necessario che “la falsa incolpazione sia idonea, per modalità e circostanze sottese alla falsa attribuzione del fatto reato, ad esprimere l'univoca riferibilità dell'accusa ad una persona reale e determinata o determinabile, nel senso che questa e soltanto questa risulti essere la persona cui attribuire il fatto illecito denunciato, pur in difetto di una formulazione nominativa dell'accusa”[9].
Difatti, è fondamentale che, dalla lettura della denuncia, possa ricavarsi “l'implicita indicazione dell'autore in una persona specifica (…) facilmente identificabile con semplici verifiche”[10].
Viceversa, qualora “il reato risulti genericamente attribuibile ad una qualunque persona (quisque de populo) sconosciuta (ignota) ed in nessun modo individuabile in base agli elementi addotti nella falsa denuncia, diviene configurabile la diversa fattispecie della simulazione di reato punita dall'art. 367 c.p. (v.: Cass. Sez. 6, 8.6.1983 n. 9521, Focardi, rv. 161144; Cass. Sez. 6, 25.9.2002 n. 38814, Pontonio, rv. 222859; Cass. Sez. 2,6.7.2010 n. 32453, Corsini, rv. 248359)”[11].
Inoltre, anche l’incolpazione c.d. “indiretta” ovvero quella con cui si incolpa taluno tramite la “simulazione delle tracce di un determinato reato”[12], può essere implicita.
In effetti, secondo quanto enunciato dagli Ermellini, il “delitto di calunnia sussiste anche quando l'incolpazione venga formulata attraverso la simulazione a carico di una persona, non specificamente indicata ma identificabile, delle tracce di un determinato reato - nella forma, cioè, dell'incolpazione cosiddetta reale o indiretta – purché:
a) la falsa incolpazione contenga in sè gli elementi necessari e sufficienti all'inizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto univocamente e agevolmente identificabile[13];
b) si indichino particolari circostanze che inducono necessariamente all'individuazione dell'autore dell'inesistente”[14].
Ebbene, alla luce di tale orientamento nomofilattico, sono stati ravvisate, come casi di incolpazione implicita, le seguenti situazioni:
Al contrario, è stata esclusa la calunnia in argomento nei susseguenti casi:
In conclusione, la calunnia implicita ha sicuramente una base interpretativa del tutto condivisibile siccome coerente con le ragioni che hanno ispirato il legislatore nel reprimere quest’illecito penale.
In effetti, com’è risaputo, la ratio legis dell'art. 368 c.p. involge l’esigenza “di scongiurare il pericolo, anche se lieve o remoto, che si proceda a carico di un soggetto per un reato che egli non abbia commesso”[26] proprio perché, con tale previsione legislativa, si vuole preservare "l'interesse dell'incolpato a non essere sottoposto a procedimento penale"[27].
Tuttavia, per dovere di coerenza normativa, sarebbe auspicabile una modifica affinchè sia disciplinata appositamente questa ipotesi delittuosa (ad esempio, inserendo, dopo la locuzione “incolpa di un reato taluno che egli sa innocente”, il seguente inciso: “anche qualora la persona accusata non venga indicata espressamente”).
[1]Fiandaca – Musco, “Diritto penale, Parte speciale, vol. I, terza edizione”, Bologna, Zanichelli editore, 2002, pag. 350.
[2]Avv. Vincenzo Manzini, “Trattato di DIRITTO PENALE italiano, secondo il codice del 1930”, Volume quinto “Delitti contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della giustizia”, Torino, Unione Tipografico-Editrice torinese, 1935, pag. 659.
[3]Pierluigi Cipolla, “L'evoluzione giurisprudenziale in tema di calunnia diretta e indiretta”, Giur.merito, 1995, 3, 561.
[4]Fonti: Giust. pen. 1984, II,704 (s.m.).
[5]In: Cass. pen., 1986, 1750.
[6]Cass. pen., sez. VI, 9/01/09, n.4537. In senso conforme, Cass. pen., sez. VI, 24/09/02, n. 33556: in tema di calunnia, è irrilevante “ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell'accusa sia implicitamente, ma agevolmente individuabile”.
[7]Cass. pen., sez. VI, 7/01/09, n. 7490.
[8]Cass. pen., sez. VI, 7/01/09, n. 7490. In senso analogo, Cass. pen., sez. VI, 30/10/91, fonti: Riv. pen. 1992, 658., Giust.pen. 1992, II,473 (s.m.), Giust.pen. 1992, II,538 (s.m.), Cass.pen. 1993, 1102 (s.m.): l’ “incolpazione implicita integra il delitto di calunnia allorché dal suo tenore e dal contesto delle circostanze in cui viene formulato emerga la volontaria attribuzione di un fatto costituente reato a carico di persona che si sa innocente, che sebbene non indicata nella sua precisa individuazione sia peraltro determinabile sulla base degli elementi contenuti nella dichiarazione accusatoria o a questa agevolmente riferibili”; Cass. pen., sez. VI, 20/06/91, fonti: Cass. pen. 1993, 40, Giust. pen. 1992, II, 157 (s.m.): il “delitto di calunnia sussiste anche quando si tratta di incolpazione cosiddetta reale o indiretta, consistente nella simulazione a carico di tale reo, non specificamente indicato, ma identificabile, delle tracce di un determinato reato, quando, cioè, la falsa incolpazione contenga in sè gli elementi necessari e sufficienti all'inizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto univocamente ed agevolmente identificabile”.
[9]Come affermato di recente dalla Cass. pen., sez. VI, nella sentenza 8 marzo – 4 settembre 2012, n. 33627.
[10]Cass. pen., sez. VI, 8/03/12, n. 33627. In senso eguale, Cass. pen., sez. VI, 8/06/83, Fonti: Cass. pen. 1984, 2391 (s.m.), Riv. pen. 1984, 491: ai “fini della configurabilità della cosiddetta calunnia indiretta è necessario che la incolpazione sia tale, per le modalità ed elementi della falsa attribuzione del fatto-reato, da rendere inequivoca la riferibilità dell'accusa ad una determinata persona, nel senso che questa soltanto risulti essere il soggetto che ha commesso il fatto illecito, pur in assenza di una accusa nominativamente formulata”.
[11]Cass. pen., sez. VI, 8/03/12, n. 33627. In senso similare: Cass. pen., sez. VI, 8/06/83, Fonti: Cass. pen. 1984, 2391 (s.m.), Riv. pen. 1984, 491: quando, “invece, il fatto-reato è implicitamente e innominativamente attribuito ad una qualsiasi delle persone fisiche aventi un interesse specifico alla consumazione del reato falsamente attribuito dall'imputato è configurabile la diversa ipotesi di simulazione di reato”.
[12]Cass. pen., sez. VI, 27/02/86, fonti: Giust. pen. 1987, II, 453 (s.m.).
[13]Cass. pen., sez. VI, 2/03/92, fonti:Riv. Pen, 1992, 637., Giur.it. 1992, II,620., Giust.pen. 1992, II,473 (s.m.), Giust.pen. 1992, II,538 (s.m.), Cass. pen. 1993, 1405 (s.m.), Riv. pen. 1990, 633).
[14]Cass. pen., sez. VI, 27/02/86, fonti: Giust. pen. 1987, II, 453 (s.m.).
[15]Cass. pen., sez. VI, 9/01/09, n. 4537.
[16]Cass. pen., sez. VI, 7/01/09, n. 7490.
[17]Pierluigi Cipolla, “L'evoluzione giurisprudenziale in tema di calunnia diretta e indiretta”, Giur.merito, 1995, 3, 561.
[18]Trib. Camerino, 13/10/94, fonti: Giur. merito 1995, 561 (nota di: CIPOLLA).
[19]Cass. pen., sez. VI, 20/11/01, in Guida al dir., 2002, n. 7, 60.
[20]Ibidem.
[21]Cass. pen., sez. VI, 8/03/12, n. 33627.
[22]Cass. pen., sez. VI, 14/03/95, n. 5789.
[23]Cass. pen., sez. VI, 22/02/83, Fonti: Cass. pen. 1984, 858 (s.m.), Giust. pen. 1983, II,639.
[24]Cass. pen., sez. VI, 11/02/10, n. 14604.
[25]Argomentando a contrario, Cass. pen., sez. VI, 17/12/08, n. 3910.
[26]Cass. pen., sez. VI, 16/01/93, Fonti: Riv. pen. 1993, 1253, Giust. pen. 1993, II, 683, Mass. pen. cass. 1993, fasc. 7, 84.
[27]Pagliaro, "Il delitto di calunnia", Palermo, 1961, 103 ss. . In senso difforme: vi è altra dottrina secondo la quale, con questa norma incriminatrice, il legislatore ha inteso proteggere "l'interesse della società a difendersi con maggiore energia da condotte falsificatrici che comportano più grave fuorviamento della giustizia penale: giacché interest reipubblicae che l'innocente non sia perseguitato" (Gallo, "Il falso processuale", Padova, 1973, 143).
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