Scopo del presente articolo è quello di illustrare sinteticamente il reato previsto dall’art. 615 bis c.p. .
Come noto, la norma giuridica de qua, introdotta nel codice penale con la legge n. 98 del 74, sanziona la condotta di chi “mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’art. 614” nonché il comportamento di colui che “rileva o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo”.
Detto illecito penale, inoltre, è procedibile a querela di parte salvo che sia commesso “da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato”.
Con tale disposizione legislativa, quindi, si è inteso reprimere “le incursioni abusive nella vita altrui”[1] posto che “la ratio della norma è quella di tutelare i diritti inviolabili previsti dall'art. 2 e 14 della Costituzione”[2].
Quindi, è evidente come l’oggetto materiale di questo illecito penale consista “in notizie e immagini attinenti alla vita privata di terze persone, rilevando a tale fine non solo la "vita privata" ma più in generale tutto ciò che possa fornire informazioni al riguardo”[3] giacchè tale regola iuris garantisce “quelle manifestazioni della vita privata, svolgentesi nelle appartenenze dei luoghi di privata dimora, per le quali esiste un effettivo interesse a mantenerle riservate”[4].
Per quanto concerne l’elemento psicologico, secondo la giurisprudenza prevalente, è richiesto solo il dolo generico essendo sufficiente l’intenzione “di procurarsi indebitamente immagini inerenti la privacy altrui”[5] mentre, per contro, non è stato stimato rilevante “il fine prepostosi dall'agente”[6].
Tuttavia, per potersi considerare integrato l’elemento soggettivo del delitto de quo, è stato affermato come vi debba essere, da parte il soggetto agente, la “volontà di procurarsi indebitamente le immagini inerenti la vita privata del titolare del luogo filmato”[7] in assenza, quindi, “di qualsivoglia ragione giustificativa”[8].
Difatti, non potrà reputarsi sussistente una condotta volta ad interferire indebitamente nella vita altrui:
Inoltre, in relazione alla condotta materiale, per un verso, è previsto che le notizie o le immagini vengano acquisite indebitamente “mediante insidiosi mezzi tecnici (strumenti di ripresa visiva o sonora) all'insaputa o contro la volontà di chi ha lo ius excludendi”[12] e, per un altro verso, è stata interpretata l’ “espressione "ripresa visiva o sonora" usata dall’articolo su emarginato nel senso che tale locuzione “non implica necessariamente che lo strumento adoperato sia idoneo oltre che a captare anche a fissare l'immagine o il suono captato”[13] potendosi considerare “ripresa” anche “gli apparecchi tipo "radiospie"”[14].
Inoltre, per quanto concerne la “nozione di "luogo di privata dimora", rilevante ai fini dell'art. 615 bis c.p., essa è stata interpretata nel senso di “soggiorno di una certa durata, anche se breve, nel luogo suddetto, tale da far ritenere ragionevolmente apprezzabile l'esplicazione di vita privata che in esso si svolge”[15] anche se questo posto non “sia idoneamente destinato a porre un atto della vita privata al riparo di ingerenze di terzi”[16].
Venendo invece a trattare il profilo vittimologico, il “diritto vivente” ha reputato irrilevante “la mancata identificazione, o la non identificabilità, della persona cui si riferisce l'immagine abusivamente captata dal terzo, atteso che il titolare dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice, nel cui ambito rientra la riservatezza che connota i momenti tipici della vita privata, non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione delle immagini, ma chiunque, all'interno del luogo violato, compia abitualmente atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino”[17].
In effetti, secondo gli Ermellini, il titolare “dell'interesse protetto dalla norma di cui all'art. 615 bis c.p. non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione delle immagini o notizie ovvero immediatamente coinvolto nella loro diffusione, ma anche chiunque faccia parte, nel luogo violato, di un nucleo privato con diritto alla riservatezza”[18].
Ciò posto, corre l’obbligo di osservare, per dovere di completezza espositiva, che la Corte di Cassazione, correttamente applicando tali principi di diritto ai casi sottoposti al suo scrutinio decisionale, ha ravvisato la sussistenza dell’illecito penale de quo nelle seguenti situazioni:
Viceversa, sempre alla luce di tali criteri ermeneutici, è stata esclusa la sussistenza del delitto in questione nei seguenti casi:
In conclusione, è evidente, alla luce della ermeneutica suesposta, come vi sia una stretta correlazione funzionale tra questa norma incriminatrice e la protezione della riservatezza all’interno delle mura domestiche[45].
Del resto, come risaputo, la tutela della privacy tout court è garantita dal decreto legislativo, 30/06/03, n. 196 il quale, attraverso la previsione di apposite regole giuridiche[46], sanziona l’illecito trattamento dei dati personali a prescindere dal tipo di luogo ove tale indebita raccolta di informazioni viene compiuta.
[1]Corte Appello L’Aquila, 19/01/11, n. 9.
[2]Ibidem.
[3]Cass. pen., sez. V, 27/11/08, n. 46509.
[4]Trib. Trieste, 5/03/84, fonti: Difesa pen. 1984, fasc. 5,115.
[5]Cass. pen., sez. I, 4/04/03, n. 25666. In senso conforme, Cass. pen., sez. V, 19/03/03, n. 20223: “L'elemento psicologico del reato previsto e punito dall'art. 615 bis c.p. consiste nel dolo generico, cioè nella coscienza e volontà dell'agente di procurarsi indebitamente immagini (o notizie) inerenti l'altrui vita privata”.
[6]Cass. pen., sez. V, 19/03/03, n. 20223.
[7]Cass. pen., sez. V, 23/01/01, n. 8753.
[8]Cass. pen., sez. V, 18/04/11, n. 25453.
[9]Cass. pen., sez. V, 23/01/01, n. 8753.
[10]Uff. ind. Prel. Roma, 23/03/11, fonti: Giur. merito 2011, 12, 3137.
[11]Cass. pen., sez. V, 18/04/11, n. 25453.
[12]Cass. pen., sez. V, 5/12/05, n. 10444.
[13]Trib. Roma, 13/11/85, fonti: Cass. pen. 1986, 1021.
[14]Ibidem.
[15]Cass. pen., sez. V, 4/06/01, n. 35947.
[16]Trib. Roma, 13/11/85, fonti: Cass. pen. 1986, 1021.
[17]Cass. pen., sez. VI, 26/01/11, n. 7550. In egual misura: Cass. pen., sez. V, dep. 19/10/12, n. 41021.
[18]Cass. pen., sez. V, 26/06/07, n. 36068. In senso eguale, Cass. pen., sez. V, 25/03/03, n. 18058: “Titolare dell'interesse protetto dall'art. 615 bis c.p., nel cui ambito deve ricomprendersi la riservatezza che connota i momenti tipici della vita familiare, non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione delle immagini o notizie o immediatamente coinvolto dalla loro diffusione, ma anche chiunque, nel luogo violato, compia abitualmente atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino sì da comporre un unitario quadro rappresentativo di un'area riservata e preclusa alle indebite intrusioni "ab externo" idonee a scalfirlo”.
[19]Cass. pen., sez. V, 11/10/11, n. 9235.
[20]Cass. pen., sez. V, 5/12/05, n. 10444.
[21]Trib. Roma, 13/11/85, fonti: Cass. pen. 1986, 1021.
[22]Cass. pen., sez. VI, 26/01/11, n. 7550.
[23]Cass. pen., sez. III, 12/01/12, n. 7361.
[24]Cass. pen., sez. V, 11/10/11, n. 9235.
[25]Cass. pen., sez. V, 27/11/08, n. 46509.
[26]Cass. pen., sez. V, 11/06/08, n. 36032.
[27]Cass. pen., sez. V, 8/11/06, n. 39827.
[28]Cass. pen., sez. IV, 28/04/95, n. 9016.
[29]Cass. pen., sez. V, 29/10/08, n. 44701.
[30]Cass. pen., sez. V, 23/10/08, n. 4926.
[31]Cass. pen., sez. V, 4/06/01, n. 35947.
[32]Ibidem.
[33]Cass. pen., sez. V, 16/12/05, n. 4264.
[34]Cass. pen., sez. V, 25/01/12, n. 18035.
[35]Cass. pen., sez. V, 18/04/11, n. 25453.
[36]Uff. ind. Prel. Napoli, 22/02/11, fonti: Giur. merito 2011, 5, 1374, Giur. merito 2012, 4, 912.
[37]Corte Appello Bari, sez. III, 15/02/11, fonti: Giurisprudenzabarese.it 2011.
[38]Uff. ind. Prel. Busto Arsizio, 25/05/09, fonti: : Foro ambrosiano 2009, 3, 285.
[39]Cass. pen., sez. V, 6/03/09, n. 28251.
[40]Trib. Potenza, sez. riesame, 19/12/08, fonti: Giur. merito 2009, 6, 1650.
[41]Cass. pen., sez. I, 18/12/08, n. 4422.
[42]Cass. pen., sez. V, 30/01/08, n. 12042.
[43]Cass. pen., sez. II, 10/11/06, n. 5591.
[44]Trib. Roma, 13/11/85, fonti: Dir. informatica 1986, 494.
[45]In tal senso, Fiandaca – Musco, “Diritto penale, Parte speciale, Volume II, tomo primo, seconda edizione”, Bologna, Zanichelli editore, 2007, pag. 246.
[46]Quali sono quelle previste dagli artt. 35 e 167 del decreto legislativo n. 196.
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